Avere un figlio con disabilità: il senso di colpa

Apprendere di essere genitori di un figlio con disabilità genera il più delle volte un naturale e comprensibile senso di smarrimento. La scoperta di una disabilità nel proprio figlio rappresenta un evento che sconvolge l’esistenza di un individuo e quindi della coppia, facendo sorgere interrogativi e dolorosi dubbi.

Tra questi, un sentimento particolarmente pesante grava spesso sui genitori: il senso di colpa genitoriale. Ho già parlato di maternità e disabilità, affrontando il punto di vista di una donna con disabilità che diventa mamma.

Ma cosa succede quando si diventa genitori di un figlio con disabilità?

Ecco di cosa parlerò in questo articolo nel mese in cui si celebra la festa della mamma.

Perché ho un figlio con disabilità

Perché ho un figlio con disabilità? Perché è successo proprio a me? É senz’altro colpa mia.

Il senso di colpa che attanaglia un genitore di un figlio con disabilità è un sentimento complesso e doloroso, spesso alimentato da pensieri intrusivi e domande ossessive sul perché e sul cosa avrei potuto fare di diverso. Come un’ombra persistente, questo senso di colpa può offuscare i sentimenti di gioia e di amore per il figlio, portando il genitore a sentirsi inadeguato, imperfetto e persino responsabile della condizione del bambino.

Si insinua nel cuore come un tarlo, nutrendosi di dubbi e rimpianti, alimentando un circolo vizioso di sensi di colpa e frustrazione. La disabilità però non è il risultato di un errore o di una negligenza da parte del genitore, ma di una condizione con cui il bambino dovrà imparare a vivere.

Il compito di un genitore di un figlio con disabilità è quello di sostenerlo con amore, pazienza e comprensione, aiutandolo a sviluppare le sue potenzialità e a raggiungere la sua autonomia. Superare il senso di colpa non è di certo un’impresa facile, ma è un percorso necessario per potersi concentrare sul presente e sul futuro del figlio.

Come si supera il senso di colpa genitoriale?

Accettare la realtà e abbandonare il peso del perché è il primo passo per potersi concentrare sul presente e sul futuro di un figlio con disabilità.

Aprirsi al sostegno psicologico allontanando l’auto giudizio, condividere le proprie emozioni con altri genitori che stanno vivendo la stessa esperienza e, soprattutto, concentrarsi sui punti di forza e sulle conquiste del bambino, possono essere passi importanti per allontanare l’ombra del senso di colpa e riscoprire la gioia di essere genitore.

L’amore incondizionato e la ricerca di un supporto psicologico adeguato, sia individualmente che come coppia, sono strumenti preziosi per affrontare le sfide che li attendono e costruire un futuro sereno per tutta la famiglia.

Prima di andare avanti, se ti va qui ti racconto qualcosa della mia gravidanza e del perché ho sperimentato il sentimento del senso di colpa materno.

L’ossessione

Il sentimento del senso di colpa, coinvolge soprattutto la mamma. La mamma di un bambino che nasce con disabilità si interroga ossessivamente su quanto accaduto durante la gravidanza, ripercorrendo ogni dettaglio, ogni esame, ogni visita medica, cercando un inesistente errore che possa aver causato la disabilità del figlio.

Diventa quindi un’ossessione la ricerca di una causa, alimentata sempre più spesso da internet, dove si riversano speranze e paure, trovando conforto in ipotesi non sempre veritiere. Il web oggi diventa un rifugio virtuale al dolore, un luogo dove trovare risposte spesso illusorie.

Purtroppo infatti, pur nella sua vastità di informazioni facilmente accessibili e disponibili con qualche clic, il web può diventare un campo minato per genitori di un figlio con disabilità che stanno attraversando un momento di fragilità e sono facilmente influenzabili.

La ricerca spasmodica di risposte online, offre un senso di fittizia chiarezza e la sensazione di trovare finalmente qualcuno che comprende la situazione. Nasce così una sorta di comunità virtuale, dove genitori con esperienze simili condividono dolori e gioie, trovando un sostegno reciproco che solo chi vive la stessa realtà può comprendere appieno.

La paura

Tuttavia, questo senso di appartenenza che da una parte supporta, non cancella le emozioni negative che lavorano costantemente in background nell’animo delle famiglie dove c’è un figlio con disabilità. Emozioni contrastanti imperversano.

Disperazione, rabbia e paura si intrecciano, creando un vortice di angoscia. Quanta paura fa pensare al futuro di un figlio con disabilità?

I genitori di un figlio con disabilità si domandando spesso come potrà affrontare la vita quando resterà senza di loro? Questo è talvolta un pensiero costante e logorante.

Come si affronta il dolore

Di fronte a questo dolore immenso e logorante, i genitori di un figlio con disabilità mettono in atto strategie differenti per gestirlo. Due strade principali sembrano emergere: quella dello studio e quella della negazione:

  1. la ricerca ossessiva di risposte;
  2. la negazione.

Mi spiego meglio.

La ricerca ossessiva

Immersi in un vortice di ansia, alcuni genitori di figli con disabilità, si dedicano anima e corpo allo studio del problema. Divorano libri e manuali scientifici, partecipano a convegni e ricercano ogni possibile terapia, diventando esperti di disabilità.

In questo modo, cercano di colmare un senso di inadeguatezza e di dimostrare a se stessi e agli altri di essere genitori attenti e premurosi.

Questi genitori rispetto alla disabilità del figlio creano un’armatura di conoscenza che serve per combattere dolore e incertezza. Conoscere ogni sfaccettatura della disabilità del figlio dà l’illusione di poterlo controllare e aiutare in modo più efficace.

Lo studio, può trasformarsi in un’ossessione, in una corsa al sapere che non lascia spazio all’accettazione e all’amore incondizionato per il figlio. Il genitore di un figlio con disabilità che innesca questo vortice, rischia di cadere nella trappola del perfezionismo, colpevolizzandosi per ogni minima difficoltà incontrata dal figlio e alimentando il proprio senso di inadeguatezza.

La negazione

Altri genitori di figli con disabilità, invece, preferiscono negare la realtà, rifiutando la disabilità del figlio e minimizzando le sue difficoltà. Questo atteggiamento, seppur comprensibile come meccanismo di difesa, può ostacolare l’accesso ai necessari supporti e ritardare l’inizio di un percorso di cura adeguato.

Cade così un velo sulla realtà.

La negazione permette di allontanare il dolore e di vivere in una bolla illusoria dove la disabilità non esiste. Il genitore in queste situazioni, fatica a vedere il figlio per quello che è, concentrandosi solo sugli aspetti positivi e rifiutando di affrontare le sfide che la disabilità comporta.

Negare la disabilità del figlio può portare all’isolamento sociale e all’incomprensione da parte di chi non vive la stessa situazione. Il genitore negatore rischia di allontanarsi dalla famiglia e dagli amici, rinchiudendosi in un mondo di solitudine e di paura quale è questo rifugio illusorio.

L’accettazione della disabilità

Entrambe le strade, quella dello studio e quella della negazione, rappresentano meccanismi di difesa di fronte al dolore. Ma nessuna di queste porta ad una vera guarigione.

L’unica via per superare il senso di colpa e costruire un futuro sereno per la famiglia è quella dell’accettazione e dell’amore incondizionato. Accettare la disabilità del figlio non significa rassegnarsi o rinunciare ai suoi sogni.

Significa accoglierlo per quello che è, con le sue fragilità e le sue potenzialità, e amarlo senza riserve.

Significa accompagnarlo nel suo percorso di crescita, sostenendolo con pazienza e aiutandolo a sviluppare la sua autonomia.

L’amore incondizionato è la forza che permette di superare le difficoltà e di costruire un legame profondo e duraturo con il proprio figlio. É l’amore che libera dal senso di colpa e che apre la strada a un futuro ricco di speranza e di promesse perché essere genitori di un figlio con disabilità può rappresentare una grande ricchezza.

La disabilità, la diversità, generano valore.

Un figlio con disabilità è una ricchezza

Diventare genitori di un figlio con disabilità significa anche il più delle volte per almeno uno nella coppia, assumere il ruolo di caregiver. Cosa significa caregiver?

Di seguito la definizione che puoi trovare sul testo della legge 104.

Persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n.

Ma sebbene la scoperta di una disabilità del proprio figlio sia un evento difficile e doloroso da accettare, è importante ricordare che ogni bambino, con o senza disabilità, è un dono prezioso, dotato di risorse e potenzialità uniche che aspettano solo di emergere.

Certo, un bambino con una disabilità sarà un adulto che si troverà ad affrontare sfide ed oltrepassare barriere. Tutto è concettualmente più difficile per un individuo con una disabilità e questo non lo metto in dubbio di certo io che ho una difficoltà motoria e so di cosa parlo.

Avrai notato che nel corso di questo articolo non ho mai scritto persona disabile, ma persona con disabilità: sai perché? Non mi piace l’espressione persona disabile perché fa dell’individuo un tutt’uno con la sua disabilità.

Al contrario persona con disabilità sposta l’attenzione sull’essere una persona che ha la peculiarità di avere una disabilità. La disabilità quindi non definisce un bambino.

Essa rappresenta una sfida, certo, ma anche un’opportunità per scoprire nuove strade, per sviluppare abilità differenti e per imparare ad apprezzare la diversità.

I genitori di un figlio con disabilità hanno un ruolo chiave:

  • Il dovere di credere nelle capacità del loro figlio;
  • Accompagnare un figlio con disabilità nel suo percorso di crescita, comprendendo e valorizzando i suoi talenti;
  • Nutrire la speranza;
  • Incoraggiare i sogni;
  • Offrire le opportunità per esprimere al meglio il suo potenziale.

Ogni bambino, con il suo ritmo e il suo modo di essere, porta con sé un tesoro di risorse e potenzialità che arricchiscono il mondo e lo rendono un posto migliore.

Conclusioni

I genitori di un figlio con disabilità sono i primi promotori verso la sua integrazione nella società.

Nell’ottica di creare un mondo che valorizza le differenze e abbraccia l’inclusione, ogni bambino può trovare il suo posto, sentirsi parte attiva della comunità e contribuire con il suo unico punto di vista.

La famiglia e la scuola sono i primi impatti di un bambino con disabilità nella società e devono fare rete per costruire un futuro ricco di promesse, dove ogni bambino, con o senza disabilità, possa avere le stesse opportunità per crescere, imparare, sognare e realizzare i propri desideri.

Comments

No comments yet. Why don’t you start the discussion?

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *