Ginocchio rigido: 5 cose a cui abituarsi

Il ginocchio rigido è una condizione patologica nella quale l’articolazione del ginocchio non si flette mai completamente, nè in stazione eretta,  nè in scarico.

Una delle mie paure più grandi fin da ragazzina, era proprio di rimanere con il ginocchio rigido a seguito di una delle tante operazioni che ho dovuto affrontare.

Avevo questa paura, ma cercavo di allontanarla, in fondo sei nelle mani dei medici, insomma “perché dovrebbe succedere proprio a te?”. Così non ci pensi o lo fai il meno possibile.

Finché poi un giorno, succede davvero. Errore o non errore, il dato di fatto è che dal 2008 non piego più il ginocchio.

Ma come si convive con un ginocchio rigido? Come cambiano i movimenti se non si può più piegare il ginocchio? Come si adatta il tuo corpo a questo nuovo equilibrio? Ecco di cosa ti parlo nei prossimi paragrafi.

La patologia del ginocchio rigido

Purtroppo la condizione del ginocchio rigido è diffusa soprattutto con l’avanzare dell’età e spesso causata dalla gonartrosi.

Cos’è la gonartrosi o artrosi del ginocchio? É una malattia cronico-degenerativa, e accompagna la persona fino ad un elevato grado di disabilità.

Ragazza chibi in nero seduta con gamba destra tesa, serena e determinata

Nelle fasi più avanzate della gonartrosi, la capsula articolare si ispessisce e i muscoli si retraggono fino a determinare un ginocchio rigido.

Esistono due tipologie di gonartrosi:

  • la gonartrosi primaria: in questo caso si conosce la causa e si interviene per ridurne l’impatto invalidante;
  • la gonartrosi secondaria: i fattori scatenanti possono avere origine da postumi di fratture articolari del ginocchio, malallineamenti, disallineamento dell’apparato estensore, instabilità.  In rari casi deriva da alcune malattie dismetaboliche.

Io mi sono guadagnata il secondo tipo. Ho una gonartrosi secondaria ed ora ti racconto dove l’ho vinta.

Un intervento finito male

Chibi di una ragazza con stampelle e gesso
Le ginocchia raccontano storie: di corse, cadute, attese e ripartenze

Sono nata con ipoplasia congenita al femore destro, ma il ginocchio l’ho sempre potuto piegare.

L’articolazione del ginocchio non è mai stata perfetta e infatti è sempre stata oggetto di una grande attenzione durante tutti gli interventi di allungamento con Ilizarov che ho affrontato nella mia vita.

Il mio ginocchio non smetteva però di piegarsi durante il trattamento grazie a dei particolari snodi e dopo la rimozione del fissatore, tornava a piegarsi come prima.

Purtroppo, per cause che non saprò mai, dopo l’ultimo intervento del 2008, non ho più avuto la gioia di poter piegare il ginocchio.

Rimasto immobile per quattro mesi, ha deciso che si trovava bene in quella condizione e lì ha scelto di rimanerci. Ha scelto la sua comfort zone, si direbbe … peccato che non sia la mia.

Vorrei poterti dire che accettare la mia nuova condizione, è stato semplice, ma voglio essere sincera. Ritrovarmi con un ginocchio rigido dopo quello che doveva essere l’intervento risolutivo, ha rappresentato per me un trauma difficile da digerire.

A dire il vero, ho da subito avuto la sensazione che non sarebbe più tornato a piegarsi, ma questa sensazione è diventata una certezza solo dopo qualche mese. Per quanti sforzi facesso attraverso la dolorosa fisioterapia, il mio ginocchio rigido era e tale restava.

A nulla è servito un intervento in artroscopia fatto con la vana speranza di ripulire l’articolazione e liberandola da calcificazioni ed aderenze, ridarle la mobilità.

É stato terribile, ma nel momento in cui è stato palese che quella sarebbe stata la mia condizione da quel momento in avanti, senza nemmeno rendermene conto, ho iniziato ad intraprendere passo dopo passo, un lento processo di accettazione.

Nessuno opera un ginocchio rigido

Forse starai pensando che io mi sia arresa a questa condizione e ti domanderai; perché non affrontare un’altra operazione?

Sei bella, peccato per quelle cicatrici. Perché non ti operi per toglierle?

Cit. di un decelebrato

Ecco, non facciamo come quel tizio che una volta mi disse “sei bella, peccato per le cicatrici,…”.

Penso che se trovassi un dottore disposto ad operarmi con qualche garanzia, lo farei (a proposito, ne conosci uno?) Quasi ogni anno faccio delle visite di controllo, nella speranza che qualcuno mi dica “ci sarebbe questa possibilità…”.

Chibi di ragazza seduta che mangia la pizza
Ginocchia fragili, resistenti, dolenti o in guarigione… ognuna ha la sua storia da raccontare

Sebbene siano tanti anni che non subisco interventi e non mi manca affatto, lo farei.

Purtroppo la verità è che nessun dottore che ho fino ad oggi incontrato, opererebbe un ginocchio che non si piega, ma che non fa male.

Nel mio caso infatti il ginocchio rigido non è accompagnato da dolore.

Da questo punto di vista sono piuttosto fortunata, non so cosa sia una terapia antalgica, non soffro di dolore cronico, da prima dell’ultimo intevento.

Ho sperimentato però cosa voglia dire convivere costantemente col dolore dal mattino appena svegli, alla sera quando finalmente vai a dormire.

Comunque dicevo, chi mai metterebbe a rischio un paziente che non ha dolore, per recuperare l’uso di un’articolazione se il paziente stesso ha una vita tutto sommato normale?

Nessuno, appunto.

Ogni intervento chirurgico, come si sa, ha la sua percentuale di rischio e nel mio caso è di gran lunga superiore al risultato che potresti ottenere.

I rischi? Per dirne uno, l’amputazione dell’arto. Ecco, diciamo che quando al Rizzoli di Bologna mi è stato prospettato in modo del tutto trasparente, questo rischio, ho capito che avrei dovuto,  semplicemente accettare.

Un ginocchio rigido per sempre

Un po’ come un diamante, ma luccica meno. A causa del mio ginocchio rigido a quante cose avrei dovuto rinunciare? A quante cose bisogna rinunciare quando si ha una disabilità motoria? Quale peso hanno queste rinunce?

  • Non avrei mai più accavallato le gambe;
  • Non avrei più potuto scendere e salire le scale correttamente;
  • La mia deambulazione sarebbe stata per sempre compromessa;
  • Non avrei più potuto darmi una spinta con le gambe in altalena;
  • Non avrei più potuto mettermi per terra in ginocchio a giocare con mio figlio;
  • Non avrei più potuto guidare con la patente che avevo preso con grande soddisfazione a 20 anni e non avrei potuto più guidare l’auto, comprata solo qualche mese prima.

Dunque, come dicevo all’inizio di questo articolo, l’accettazione era l’unica strada che avrei potuto prendere.

Dopo più di un anno prigioniera nella mia stessa casa, dopo aver affrontato una gravidanza e dato alla luce un bimbo prematuro con tutte le preoccupazioni annesse ed essermi affidata all’appoggio di una stampella per camminare, ho deciso che era giunto il momento di riprendere in mano la mia vita.

Non potevo certo fermarmi per quello che mi era successo. Infondo, era solo un ginocchio. Già, solo un ginocchio rigido

Nei prossimi paragrafi ti racconto un po’ come è cambiata la mia vita, da quando ho capito che avere un ginocchio rigido, sarebbe stata la mia nuova permanente condizione fisica e l’emblema della mia disabilità motoria.

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1. Guidare 

Per prima cosa, ho dovuto nuovamente iscrivermi a scuola guida. Avevo preso la patente a 20 anni, quella normale, ma avendo il ginocchio destro rigido, ero impossibilitata a fare il movimento tra accelleratore e freno e quindi ho dovuto prendere una patente speciale.

Ero terrorizzata. Avevo guidato dieci anni in un certo modo, come avrei potuto azzerare ciò che sapevo e imparare un nuovo modo?

Eppure, dopo qualche difficoltà iniziale prima di prendere confidenza col dover guidare con il piede sinistro, è stato meno complesso del previsto.

Dopo una serie di inchiodate alle cinque del pomeriggio in Via Novara a Milano e  dopo innumerevoli guide., ho avuto nuovamente la mia patente e da lì, ho ricominciato a riprendermi la mia indipendenza.

Credo di essere rinata potendo di nuovo spostarmi in maniera autonoma e molto presto, quella nuova modalità di guida, è diventata normale.

Incredibile come il corpo riesca a riprogrammarsi in tempi veramente stretti.

2. Spingersi sull’altalena con un ginocchio rigido

Ecco l’aneddoto divertente che forse da Instagram ti ha portato a leggere questo articolo. Un pomeriggio ero al parco con mio figlio, poteva avere un paio di anni.

Lo metto sull’altalena e cerco di spiegargli il movimento che avrebbe dovuto fare lui con le sue gambine per darsi la spinta in avanti.

Non riuscivo a spiegarmi così sull’altalena ci sono salita io, ma io a causa del mio ginocchio rigido, posso darmi la spinta solo con la gamba sana.

Me lo ricordo come fosse ieri. Gli dissi “Ale, la mamma si spinge solo con una gamba perché l’altra ha la bibi, tu devi usarle tutte e due ok?”.

Fece un sonoro SI! Così iniziai ad andare avanti ed indietro dandomi ovviamente la spinta con una sola gamba piegata. Fu poi il suo turno e … fece esattamente come mi aveva visto fare.

Risi tantissimo, ma cercai di spiegargli nuovamente che le sue gambine potevano piegarsi e così imparò ad andare sull’altalena bene come tutti gli altri.

3. Accavallare le gambe

Ci sono alcuni simboli nei quali si identifica per antonomasia la femminilità. Tacchi alti e lunghe gambe affusolate che si accavallano sensualmente, ad esempio.

Non ho purtroppo mai potuto indossare tacchi alti. A volte passavo pomeriggi a girare per le corsie dei negozi di scarpe e guardavo tutte quelle col tacco, le ammiravo, ma poi finivo sempre per comprare lo stesso paio di anfibi neri.

Proprio gli anfibi neri sono così diventati per me, l’unico paio di scarpe con le quali sono a mio agio ed ora è molto semplice acquistare delle scarpe nuove per me, non ho quasi altra scelta all’infuori dei miei inseparabili anfibi stringati neri.

Come si fa a proteggere la propria femminilità quando due di questi simboli vengono meno? Non avrei mai più potuto accavallare le gambe.

Lo so che mentre leggi, stai sorridendo, ma tu non puoi renderti conto di quanto possano mancarti alcuni movimenti quando non puoi più farli.

Ho dovuto, a causa del mio ginocchio rigido, trovare persino un nuovo modo di sedermi. Attenzione, non è stata una strategia, è venuto piuttosto naturale.

Adesso tendo sempre un po’ a coprire la gamba destra con quella sinistra in una sorta di accavallamento che di sensuale ha probabilmente poco.

Ma poi la femminilità sta davvero in queste cose? Cos’è per te la femminilità? Dimmelo nei commenti.

4. Affrontare una scalinata con un ginocchio rigido

Nonostante le mie difficoltà motorie, prima di ritrovarmi con un ginocchio rigido, salivo e scendevo le scale con agilità.

Ecco, ora le scale sono diventate un’impresa eccezionale. Ho ancora la fortuna, in caso di necessità, di poterle ancora fare con un po’ di fatica e con tanta lentezza, ma di certo non le preferisco.

Forse non ti rendi conto, ma prova a salire uno scalino tenendo un ginocchio teso? Divertente eh? Ecco quello che provo ogni volta che ho davanti uno scalino o peggio, una scalinata.

5. Portare le ginocchia al petto

Tra le difficoltà nella convivenza con un ginocchio rigido ci sono anche quelli legati a movimenti semplici come quello di portare le ginocchia al petto. Forse stai sorridendo, ma non poterlo più fare, a me manca.

Vorrei rilassarmi sul divano in una qualunque sera autunnale, con una tazza di tisana bollente e tenere le ginocchia al petto. Vorrei addormentarmi rannicchiata come facevo prima, con le ginocchia al petto.

Vorrei non dover inventare sempre esercizi diversi in palestra perché quelli che comportano questo movimento, sono ovviamente da escludere.

A compensare questa mancanza, soprattutto quando è avvertita in luoghi come divano o letto, c’è il mio gatto. che non bada al fatto che io abbia un ginocchio rigido ed è assolutamente disinteressato da quali posizioni non posso mantenere, la cosa importante è la sua comodità.

Un gatto è la soluzione a tanti problemi, by the way.

Non è solo questione di ginocchia

Le persone che non hanno nessuna disabilità motoria, non possono rendersi conto di quale sia lo sforzo costante che dobbiamo compiere per fare qualunque attività.

Ogni azione per noi comporta un dispendio di energie di gran lunga superiore rispetto ad una persona senza nessuna disabilità.

Azioni come camminare, salire le scale appunto, scendere dall’auto, piegarsi a raccogliere qualcosa, richiedono un impiego di forze superiore.

Io non faccio mai pesare la mia condizione tanto che è talmente parte di me da dimenticarmene. Tanto che quando ho detto che avrei lanciato un blog sulla disabilità motoria qualcuno mi ha chiesto “e come mai proprio la disabilità motoria?”.

Il fatto che sia oramai normale per me, non significa però che sia semplice. Anzi, non lo è mai stato, non lo è adesso e suppongo lo sia ancora meno in futuro.

Perciò anche se non mi lamento praticamente mai, anche se sorrido, a volte … non è così semplice come sembra.

Conclusioni

Questi sono solo alcuni aspetti e li ho scelti proprio perché sono dettagli. Certo, sono dettagli, ma vorrei che questo ti facesse riflettere su come possano fare la differenza questi dettagli, se fanno parte solo di un ricordo.

Ogni persona con disabilità fa tutti i giorni i conti con aspetti a cui tu, persona senza disabilità, non avrai mai a che vedere.

Spesso siamo persone che non ci lamentiamo mai, io per esempio, sono una di queste. Talmente silenziosa che le persone attorno non fanno caso alla mia disabilità.

Ma c’è. Esiste. Ed ogni istante della mia giornata, è presente. A volte leggera, a volte più pesante, la sua presenza.

Che ne pensi?

3 Comments

  1. ROBERT E GABRY DERI

    Non è possibile commentare brevemente, anche perché tu Laura sei stata esaustiva e comprensibile. inoltre il tuo “scrivere” ripeto, è fluido come un bel romanzo, nonostante rappresenti la realtà. Chiunque potrebbe trovare beneficio dalle tue parole, non solo in termini di conforto ma anche di riferimenti scientifici. Vorrei trovare più commenti, vedere come sia interessante e importante ciò che dici esattamente ma con leggerezza, anche per molte altre persone, ma non dovrei meravigliarmi dato che nelle scuole ( e ho purtroppo esperienza vasta e variegata anche come insegnamento, nonostante mi senta è mi dichiari antropologo e scrittore) la maggior parte dei ragazzi da anni non nutre alcun interesse se non oer per
    videogiochi e le feste “stordenti” fino al mattino. Questo Il motivo perché pian piano commentero’ ogni tuo scritto, ponendomi a disposizione per rispondere a chi volesse “commentare il commento”. Ovviamente per mail dialogheremo più approfonditamente. Brava Laura

    • Ti ringrazio nuovamente del tempo che hai dedicato alla lettura del mio blog. Anche io vorrei trovare tanti commenti a cui rispondere e ne sono sicura, risponderei a tutti uno ad uno con entusiasmo e gratitudine. Purtroppo una lettura di 10/15 minuti oggi, non è per tutti. Si predilige la velocità dei social dove ricevo tanti messaggi in DM ai quali cerco di rispondere, quando posso, ma ai quali preferisco certamente questo genere di dialogo che seppur virtuale, è più completo. Su una cosa permettimi di dissentire: i ragazzi di oggi non sono tutti così, cerchiamo di dar loro un pizzico di fiducia e di ascoltarli, perché è questo che vogliono, anche se non ci parlano, perché apparteniamo al paleolitico dal loro punto di vista.

  2. ROBERT E GABRY DERI

    Correzioni: per i videogiochi.

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