Ho deciso di parlare di maternità e disabilità nella settimana della festa della mamma con l’intento di normalizzare la genitorialità e la disabilità.
Tra l’altro il giorno della Festa della mamma, coincide con quando io sono diventata mamma.
Siccome non voglio farti perdere tempo, ti dico subito di cosa parleremo:
- come il corpo cambia in gravidanza e come questo può impattare sulla difficoltà motoria;
- principali pregiudizi su maternità e disabilità;
- diritto alla maternità e sterilizzazione forzata.
Infondo a questo articolo ti parlo della mia esperienza di maternità e disabilità motoria, ma ora iniziamo parlando di come il cambiamento del corpo duranta la gravidanza può impattare sulla mobilità della donna con disabilità.
Il cambiamento del corpo
Durante la gravidanza, il corpo della donna subisce dei cambiamenti che servono al nutrimento del nascituro. Questi cambiamenti rendono difficile muoversi per chiunque, ma allo stesso tempo fanno sì che il corpo si prepari ad ospitare un individuo che diventerà sempre più grande e pesante. Sono quindi cambiamenti indispensabili.
Tali cambiamenti del corpo, nel contesto di una maternità di una donna con disabilità, amplificano le difficoltà. Questo ci aiuta ad entrare subito nella condizione psicologica che la scelta di avere un bambino ti cambia la vita ancora prima che l’esserino, venga al mondo.
La crescita di un bambino è un viaggio affascinante, ma può presentare sfide uniche. La gravidanza di una donna con disabilità richiede una notevole forza e resilienza date dalle sfide aggiuntive legate alle disabilità che possono amplificare il bisogno di supporto e comprensione.
Affrontare le sfide motorie causate da maternità e disabilità non solo richiede un adattamento pratico, come l’accessibilità ai servizi sanitari, ma anche un sostegno emotivo e sociale.
La mia è stata un’esperienza particolare perché la gravidanza è durata solo 28 settimane e 5 giorni e partivo da un peso molto basso. Quando sono rimasta incinta di Alessio pesavo 39 chili e quando ho partorito, pesavo 44 chili. La breve durata della mia gravidanza, ha fatto in modo che non arrivassi ad accusare particolari problemi complicazioni riguardo alla mobilità, ma poco ci mancava.
Al di là della grande preoccupazione per aver dato alla luce un bimbo prematuro, ho sempre pensato che la natura avesse calcolato tutto e mi avesse voluto risparmiare l’ultimo trimestre di gravidanza, dove si tende a mettere più peso. Però ti ricordo che siamo qui per parlare di pregiudizi e sfatare i falsi miti su maternità e disabilità.
Gravidanza a rischio
Quando si parla di matenità e disabilità bisogna sfatare il mito che la gravidanza per una donna disabile sia automaticamente più a rischio.
- Una donna con disabilità fisiche ha circa la stessa probabilità di diventare mamma di una coetanea senza disabilità;
- Una donna con disabilità fisiche ha circa la stessa probabilità di avere una gravidanza a rischio di una mamma coetanea senza disabilità.
Certo, alcune disabilità non permettono la gravidanza, per molte altre la maternità è una realtà possibile, seppur con sfide e considerazioni da tenere in conto. La predisposizione dipende da diversi fattori, tra cui il tipo di disabilità e l’età in cui è insorta.
In generale, la gravidanza è possibile per la maggior parte delle donne con disabilità. Tuttavia, è importante conoscere i potenziali rischi e le complicazioni associate a determinate condizioni.
Ad esempio, l’ipomobilità può aumentare il rischio di diabete gestazionale o trombosi. Le donne in carrozzina potrebbero avere problemi con i cateterismi necessari per urinare, con possibili infezioni e rischio di aborto spontaneo. Alcune disabilità, come la distrofia muscolare miotonica, rendono impossibile la gravidanza.
Ogni gravidanza porti con sé potenziali rischi e sfide e una donna con disabilità può avere una gravidanza senza grossi problemi. Ovviamente questo dipende dallo stateo di salute preesistente. Non c’è una situazione uguale ad un’altra.
Con una valutazione attentamente pianificata delle esigenze individuali e un team di assistenza dedicato, molte donne con disabilità attraversano la gravidanza in modo sicuro e con successo.
É fondamentale sfatare questo mito per promuovere una comprensione più accurata e per garantire che tutte le donne, indipendentemente dalla loro situazione, ricevano il supporto necessario a livello informativo e strumentale, per una gravidanza sana.
Fragilità della donna con disabilità
Sono molti i pregiudizi riguardanti le neo mamme disabili. Come possono prendersi cura di un’altra persona, quando sono loro stesse ad avere bisogno dell’aiuto di qualcun altro per svolgere delle normali attività quotidiane?
É sicuramente vero che a seconda della natura della disabilità, i compiti quotidiani di una mamma potrebbero essere più difficili o impegnativi. Se si tratta di una disabilità fisica, potrebbero esserci problemi a prendere in braccio il proprio figlio o a svolgere attività come fare la spesa, i lavori domestici, pulire o cucinare.
Le madri disabili con patologie fisiche, potrebbero aver bisogno di usare adattamenti per prendersi cura dei loro bambini attraverso, per esempio, la tecnologia assistiva o adattamenti nella tecnica o nelle attrezzature per sollevare o trasportare in sicurezza i loro bambini, cambiare i pannolini, allattare o fare loro il bagno.
Se una mamma si dovesse stancare facilmente, potrebbe avere difficoltà a tenere il passo con un bambino molto attivo. Sono tutti fatti reali.
Ma spesso non viene preso in considerazione il ruolo del compagno, che è fondamentale e completamente diverso dall’idea che abbiamo nella società italiana. Soprattutto quando il neonato è piccolo, il compagno può avere un ruolo fondamentale di accudimento primario.

In ogni caso, una volta cresciuti, i figli possono essere coinvolti nel sostegno e nella cura di un genitore disabile e aiutare nelle faccende di casa. Per una neo mamma disabile, riconoscere quando si ha bisogno di aiuto può essere difficile, ma conoscere i propri limiti e pianificare in anticipo quale supporto sarà necessario può aiutare a rendere le cose più facili per le mamme e i loro figli.
É fondamentale smantellare il pregiudizio che la fragilità sia automaticamente associata alla disabilità e riconoscere la diversità delle esperienze individuali.
La chiave per un’esperienza di gravidanza positiva per una donna con disabilità è un approccio personalizzato che tiene conto delle sue esigenze uniche e che coinvolge un team medico esperto.
La consapevolezza e la comprensione di queste realtà contribuiscono a creare una società più inclusiva, dove ogni donna è sostenuta nella sua scelta di diventare madre, indipendentemente dalla presenza di una disabilità.
Maternità e disabilità devono essere sempre una scelta consapevole.
Parto naturale impossibile
Il mito che una donna disabile non può partorire naturalmente è basato su stereotipi errati e mancanza di comprensione delle capacità individuali. La capacità di partorire naturalmente dipende dalla specifica disabilità, dalla salute generale della donna e da altri fattori individuali.
Molte donne con disabilità possono partorire naturalmente con il giusto supporto medico e una pianificazione attenta. Ad esempio, alcune disabilità non influenzano direttamente il processo di parto, mentre altre potrebbero richiedere un’attenzione extra per garantire la sicurezza della madre e del bambino, come nel mio caso.
Il supporto medico adeguato è essenziale in queste situazioni. Gli ostetrici e il personale medico possono collaborare con la donna disabile per sviluppare un piano di parto personalizzato che tenga conto delle sue esigenze e delle eventuali sfide.
Questo può includere l’accessibilità alle strutture ospedaliere, l’uso di dispositivi di supporto e la formazione del personale per affrontare situazioni specifiche. La chiave è considerare ogni caso individualmente anziché fare generalizzazioni basate sulla presenza di una disabilità.
Sfatare questo mito è cruciale per promuovere la consapevolezza sulla diversità delle esperienze delle donne con disabilità durante il processo di parto e per garantire che abbiano accesso a cure sicure e rispettose dei loro diritti e delle loro scelte.
Adeguate cure al figlio
Spesso le neo mamme con disabilità si confrontano con pregiudizi e stereotipi che mettono in dubbio la loro capacità di prendersi cura di un bambino.
Si pensa che, necessitando di aiuto per le attività quotidiane, non possano essere madri adeguate. É vero che alcune disabilità possono rendere più difficili o impegnativi i compiti quotidiani di una mamma.
Ad esempio, una disabilità fisica potrebbe ostacolare azioni come prendere in braccio il bambino, fare la spesa o svolgere le faccende domestiche.
Fortunatamente, esistono adattamenti e tecnologie assistive che possono aiutare le madri disabili a superare queste sfide. Ad esempio, ausili per sollevare o trasportare il bambino in sicurezza, strumenti per cambiare i pannolini, allattare o fare il bagno.
Maternità e disabilità fanno rima con incapacità nella testa di ancora troppe persone.

E poi scusa mi risulta che un bambino si faccia in due: il compagno non lo consideriamo? Un aspetto spesso trascurato è il ruolo del compagno, che assume un’importanza cruciale nella cura del bambino e del supporto alla mamma disabile.
Soprattutto durante i primi mesi, il partner può diventare il genitore primario, garantendo le esigenze del neonato. Con il tempo, i figli stessi possono partecipare attivamente al sostegno e alla cura del genitore disabile, aiutando nelle faccende domestiche e sviluppando un senso di responsabilità e solidarietà.
Riconoscere i propri limiti e chiedere aiuto è fondamentale per affrontare le sfide e vivere la maternità con serenità. Le mamme con disabilità sono capaci di amore, dedizione e cura tanto quanto qualsiasi altra madre.
Con il giusto supporto, la tecnologia e la flessibilità, possono crescere figli felici e sani, dimostrando che la disabilità non rappresenta un ostacolo all’amore e alla gioia della maternità. Il mito che una donna con disabilità non può essere una buona madre è basato su stereotipi dannosi e discriminanti.
La capacità di essere una buona madre non è intrinsecamente legata alla presenza o assenza di una disabilità. Una donna può essere straordinaria o no, a prescindere dalla presenza di una disabilità.
E sia chiaro: sbagliamo tutte, ogni giorno.
Diritto alla maternità di una donna con disabilità
Il diritto alla maternità nella disabilità si riferisce al principio fondamentale che ogni donna, indipendentemente dalla presenza di una disabilità, ha il diritto di scegliere di diventare madre e di essere trattata con rispetto, dignità e uguaglianza durante il percorso della maternità.
Questo concetto si basa sui diritti umani fondamentali, inclusi quelli sanciti da documenti internazionali come la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD).
Ecco alcuni aspetti chiave del diritto alla maternità nella disabilità:
- Autodeterminazione: ogni donna con disabilità ha il diritto di prendere decisioni autonome sulla propria vita riproduttiva, compresa la scelta di avere figli o di non averli. Questo principio sottolinea l’importanza dell’autodeterminazione e del rispetto delle scelte individuali;
- Accesso alle cure mediche: le donne con disabilità devono avere accesso alle cure mediche e ai servizi sanitari necessari durante la gravidanza, il parto e il postpartum. Questo include l’accessibilità fisica alle strutture sanitarie e l’adattamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche delle donne con diverse abilità.
- Supporto e risorse: è essenziale garantire che le donne con disabilità ricevano il sostegno necessario durante la maternità. Ciò può includere servizi di assistenza personale, tecnologie assistive, formazione del personale medico e altre risorse adattate alle esigenze individuali.
In contrasto al diritto alla maternitò, c’è l’aberrante pratica della sterilizzazione forzata. Ne hai mai sentito parlare? Lascia che ti spieghi meglio.
Sterilizzazione forzata
La sterilizzazione forzata delle donne con disabilità è stata una pratica deplorevole e violativa dei diritti umani che è stata perpetrata in alcune parti del mondo nel corso della storia.
Questa pratica ha spesso avuto l’intento di prevenire la nascita di bambini con disabilità, presumibilmente nel tentativo di evitare che le donne disabili “trasmettano” le loro condizioni ai loro discendenti. Cosa che peraltro non è assolutamente detta. Una disabilità non è detto che sia genetica e non è assolutamente detto che sia tramandabile ai propri figli.
Apro una piccola ma importante parentesi. Nel caso di disabilità genetica, è sicuramente importante sottoporsi agli esami per escludere la possibilità di trasmettere la malattia al figlio e per essere consapevoli dei rischi derivanti dalle anomalie genetiche.
La sterilizzazione forzata delle donne con disabilità è stata ampiamente criticata e respinta sia a livello etico che legale, e molte giurisdizioni hanno introdotto leggi per vietare questa pratica.
Tuttavia, la consapevolezza e la lotta per i diritti delle persone con disabilità sono ancora in corso per garantire il rispetto pieno e effettivo dei loro diritti umani in tutto il mondo.
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LA MIA STORIAMaternità e disabilità: la mia esperienza

Sono diventata mamma il 10 maggio 2009, avevo quasi 27 anni. L’anno prima avevo affrontato l’ennesimo intervento di allungamento arti con metodica di Ilizarov dal quale purtroppo ne ero uscita con un aggravamento: il ginocchio rigido.
Ho saputo fin dall’inizio della mia gravidanza che avrei partorito con cesareo e l’ho accettato anche se idealmente mi sarebbe piaciuto partorire in acqua, del resto volevo essere una sirena no?
Scherzi a parte, lo avrei desiderato, ma la mia limitazione fisica, la conformazione del bacino e la compromissione dell’anca si sono da subito rivelati fattori che avrebbero impedito di partorire in maniera naturale e tantomeno in acqua.
Oltretutto le mie difficoltà di movimento mi avrebbero limitata moltissimo al momento del travaglio dove alcune posizioni facilitano la gestione delle contrazioni. Spoiler: non solo ho partorito con cesareo, ma cesareo d’urgenza perché Alessio è nato quasi tre mesi prima del termine.
La mia gravidanza è durata solo 28 settimane e non ho avuto il tempo per essere limitata nei movimenti dal pancione perché di fatto non avevo ancora preso peso.
Le difficoltà sono arrivate dopo.
I problemi maggiori per me nel vivere maternità e disabilità sono stati principalmente tre:
- non poter guidare a causa degli esordi della patologia del ginocchio rigido: ero stata sottoposta l’anno precedente ad un intervento dopo il quale purtroppo non ho più potuto piegare il ginocchio e questo ha fatto si che non potessi più guidare la mia auto, tra l’altro appena acquistata;
- avere paura che Alessio scappasse dal mio controllo senza che potessi rincorrerlo;
- tenere in braccio mio figlio che, una volta superata la fase iniziale, prendeva peso molto velocemente.
Essere stata privata della mia indipendenza, non poter guidare e ritrovarmi con un bambino piccolo da gestire senza libretto di istruzioni, in un paese piccolo, è stata la passeggiata più difficile della mia giovinezza.
L’anno successivo alla sua nascita, ho preso la patente B speciale e finalmente sono tornata a guidare, ma si poneva un altro problema. Ero molto preoccupata perché Alessio aveva cominciato a camminare e ovviamente era desideroso di scoprire il mondo.
Caricare e scaricare il passeggino dalla macchina, era per me un’attività troppo pesante da fare e non parliamo del tenerlo in braccio.
Se all’inizio, dato che alla nascita pesava 1280 grammi, ero molto facilitata, mio figlio ha iniziato a recuperare peso velocemente e per me è stato presto impossibile tenerlo in braccio.
Questo devo dire che ha fatto si che lui diventasse da subito molto indipendente e che imparasse ad addormentarsi in autonomia senza dover essere cullato. I lati positivi del connubio tra maternità e disabilità.
Si fa di necessità, virtù. Quando all’andare in giro, avevo acquistato le redinelle di sicurezza, ma devo dire che quando andavo in giro in quel modo, non mi era più chiaro se le persone guardassero me perché camminavo male o perché, nella loro concezione, avevo un bambino al guinzaglio.
Cosa sono le redinelle per bambini? Sono bretelle che il bambino indossa tendenzialmente senza fastidio e rappresentano un comodo dispositivo di sicurezza che permette al bambino di camminare e quindi esplorare il mondo senza la costrizione del passeggino, ma allo stesso tempo consente al genitore, o chi per esso, di averne il controllo ed evitare pericoli.
Spoiler: ora è lui che prende in braccio me.
Riflessioni finali su maternità e disabilità
Facciamo un riepilogo di quanto hai letto, elencando delle parole chiave che ruotano attorno al tema maternità e disabilità:
- Genitorialità: la responsabilità e l’esperienza di essere genitori;
- Sostegno: il supporto fisico e emotivo fornito a una madre con disabilità durante la maternità;
- Inclusione: l’atto di includere le persone con disabilità in tutti gli aspetti della società, compresa la maternità;
- Diritti genitoriali: i diritti legali e etici che garantiscono a ogni genitore, inclusi quelli con disabilità, di partecipare pienamente alla vita dei propri figli;
- Sfide: le difficoltà specifiche di maternità e disabilità;
- Empowerment: l’atto di fornire alle donne con disabilità la fiducia e la capacità di prendere decisioni autonome sulla loro maternità;
- Autodeterminazione: il diritto di una persona di fare scelte autonome, comprese quelle legate alla maternità;
- Accessibilità: la facilità di accesso ai servizi e alle risorse necessari per sostenere una maternità inclusiva;
- Risorse adattate: strumenti e supporti personalizzati che rendono accessibili le informazioni e i servizi alle donne con disabilità;
- Consapevolezza: la comprensione e la sensibilizzazione riguardo alle sfide e alle esperienze uniche delle donne con disabilità durante la maternità.
Bisogna continuare a parlare di maternità e disabilità per abbattere muri di pregiudizio sociale e barriere dentro e fuori dal contesto famigliare che spesso è il primo ostacolo.
I social pullulano di madri meravigliose con disabilità anche molto gravi e conoscere le loro storie è fonte di grande ispirazione e motivazione. Su maternità e disabilità esistono ancora troppi pregiudizi e sono causa di ingiusta e dolorosa stigmatizzazione sociale per le donne con disabilità.
Ricordiamoci comunque che la maternità è un diritto e non è un dovere e questo vale per tutte le donne del mondo e quindi, anche per te.
👉 Cosa ne pensi di questo argomento? Ti aspetto qui sotto.
