Hai presente quei personaggini con la testa grande e gli occhi enormi, che sembrano usciti da un cartone animato giapponese? Ecco, quello è lo stile chibi. Teneri, buffi, e incredibilmente espressivi.
Da oggi, saranno loro ad accompagnarti nei miei racconti.
Perché ho scelto questo stile per illustrare la mia storia, il mio percorso con l’Ilizarov e tutto quello che riguarda il mio corpo? Te lo racconto in questo articolo.
E chissà, magari ti ritroverai anche tu in questi piccoli personaggi che sanno parlare senza usare parole.
Che cos’è lo stile chibi
Partiamo dall’inizio: cos’è lo stile chibi? La parola chibi in giapponese significa piccolo o bambino o persona di bassa statura. È uno stile grafico che nasce nel mondo dei manga e degli anime e si distingue per:
- Testa sproporzionatamente grande rispetto al corpo (di solito 1/3 del corpo);
- Occhioni rotondi, espressivi, quasi sempre pieni di emozione;
- Corpi piccoli, con gambe e braccia corte, proporzioni infantili e dolci;
- Espressioni molto accentuate, che enfatizzano l’emozione del momento: felicità, rabbia, tristezza, imbarazzo.
In pratica? Lo stile chibi rende tenero tutto quello che tocca. E non lo fa per infantilizzare. Lo fa per avvicinare. Per semplificare. Per aiutare a vedere la dolcezza anche dove, a volte, si fa fatica a trovarla.
Perché ho scelto lo stile chibi per raccontare la mia storia

Non è stata una decisione presa a caso. Sai, ogni volta che scrivo un post, un articolo, un pensiero, sento il bisogno di trasmettere emozioni autentiche. Ma mi mancava qualcosa. Mi mancava un linguaggio visivo che parlasse la stessa lingua del cuore.
Lo stile chibi mi ha dato proprio questo: un modo per mostrare il dolore senza renderlo pesante, per raccontare l’Ilizarov senza renderlo mostruoso, per parlare di cicatrici come se fossero medaglie.
Perché sì, le cicatrici possono anche essere dolci. Sono battaglie vinte, non solo ferite ricevute.
Il chibi e l’Ilizarov: quando l’ironia abbraccia la sofferenza
Se mi segui da un po’, lo sai: il mio percorso con la metodica di Ilizarov è stato lungo, doloroso, trasformativo. Ma anche pieno di insegnamenti. Ho imparato a camminare, a cadere, a rialzarmi. E a guardarmi.
A lungo ho pensato che la mia gamba “diversa” fosse un ostacolo. Poi ho capito che poteva diventare una narrazione potente, se solo trovavo il modo giusto per raccontarla.
E quel modo è arrivato sotto forma di una versione chibi di me stessa. Sì, proprio lei: piccola, con i capelli neri, la frangetta, gli anfibi ai piedi e una lavagnetta in mano con su scritto un messaggio body positive. Sembra buffa? Forse. Ma è la mia versione illustrata: è la mia verità.
E questa verità ha un obiettivo preciso: normalizzare la diversità. Renderla accessibile. Avvicinarla. Farla diventare quasi tenera, per quanto forte.
Il potere delle immagini
Spesso, quando parliamo di body positivity, lo facciamo con parole forti, giuste, necessarie. Ma a volte servono anche immagini che accarezzano invece di colpire.

Lo stile chibi mi permette questo: raccontare la realtà di ogni corpo, con le sue asimmetrie, le sue cicatrici, la sua forza, usando però una lente che trasmette amore.
Un piccolo esempio? Quando creo un’illustrazione chibi che mostra me con l’Ilizarov, non sto negando il dolore. Lo sto trasformando. Lo sto accogliendo in una forma che sa di affetto, non di rifiuto.
Un linguaggio visivo per grandi e piccoli
Un altro motivo per cui ho scelto il chibi è che è universale. Bambini, adulti, adolescenti… Tutti possono entrare in contatto con questo stile senza sentirsi esclusi. È immediato. È emozionale. È accessibile.
E sai cosa ho scoperto? Che quando un bambino vede una mia illustrazione chibi con l’Ilizarov, non si spaventa. Non pensa “che strano”. Chiede. Si incuriosisce. E questo è un piccolo grande passo verso un mondo in cui la disabilità non è un tabù, ma parte del racconto umano.
La forza delle parole disegnate
Ogni post, ogni articolo, ogni tappa, sarà accompagnata da una di queste illustrazioni. E ognuna veicolerà un messaggio di autenticità.
Frasi come:
- Anche questa è bellezza.
- Non devi essere simmetrica per essere amata.
- Il tuo corpo racconta la tua storia.
Sono piccoli semi. E spero che piantino qualcosa anche dentro di te. Perché ogni immagine chibi è una carezza, non solo un disegno.
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SI, LO VOGLIOCome nascono le mie illustrazioni chibi
Dietro ogni illustrazione in stile chibi c’è un lavoro preciso. Parto da un’emozione vera. Da una situazione vissuta. Poi immagino come tradurla in un’immagine semplice, tenera, ma densa di significato.
Mi chiedo: “Come renderei il dolore di una medicazione con un tratto dolce?” oppure “Come faccio a mostrare la gioia di potersi vestire come si vuole, nonostante le cicatrici?”.
Poi arriva il colore. E qui la mia palette ha un ruolo preciso: beige chiaro, rosso malva e avorio. Colori morbidi, delicati. Come la voce di qualcuno che ti sussurra una storia.
Purtroppo non sono capace di disegnare, se no sarebbe stato bello dar vita io stessa a queste illustrazioni. Le immagini in stile chibi create con Chat Gpt però riescono a tradurre in un messaggio visivo, ciò che voglio trasmettere.
Il chibi come strumento di autoaccettazione
Raccontarmi in versione chibi mi ha permesso di guardarmi e rappresentarmi con occhi nuovi. Più morbidi. Più indulgenti. Mi ha fatto sorridere delle mie rigidità, dei miei dolori, delle mie paure.
Perché, diciamolo, a volte ci prendiamo troppo sul serio. E questo non aiuta a guarire. Non aiuta ad accettarci.
Disegnarmi con la testa più grande del normale, gli anfibi giganti e le cicatrici in bella vista è stato un modo per dire: “va bene così”. Un modo visivo per abbracciarmi.
Ma non solo. Attraverso le immagini in stile chibi riesco a raccontare, con delicatezza e un pizzico di ironia, le tante sfumature che compongono il grande spettro della disabilità motoria e del percorso di accettazione di sé.

Ogni illustrazione diventa uno specchio di emozioni vere: c’è la fatica, certo, ma anche la forza, la rabbia, la speranza e quella leggerezza che a volte ci salva.
In un linguaggio visivo semplice ma potente, riesco a dare volto e voce a esperienze spesso complesse, trasformando il mio vissuto in qualcosa di riconoscibile anche per chi vive battaglie simili alle mie.
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CONTATTAMIConclusione: la dolcezza come rivoluzione
Se ti piace questa nuova modalità di racconto, se ti ritrovi in queste piccole grandi emozioni illustrate, allora ti invito a restare. A continuare a leggermi. A guardare ogni nuovo post con occhi curiosi.
Pubblicherò tante nuove illustrazioni chibi che raccontano pezzi di me, e forse anche di te. Perché anche se i nostri percorsi sono diversi, certe emozioni ci rendono sorelle, fratelli, alleati.
In un mondo che ci vuole sempre perfetti, snelli, simmetrici, sicuri… scegliere di mostrarsi in una versione buffa, tenera e imperfetta è un atto di coraggio. Una piccola rivoluzione affettuosa.
Lo stile chibi è il mio modo per dire che anche la fragilità ha diritto a uno spazio tenero. Che possiamo raccontare le nostre difficoltà con dolcezza. Che non serve essere duri per essere forti.
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